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L’Ultimo Viaggio del Professore.

Copyright – Deserri Gianni

È tempo di ricordare e di celebrare. Tra i miei ricordi più antichi sono le ore nel laboratorio ferrarese del professor Deserri Gianni, in via Porta San Pietro, quasi all’angolo con Via Coperta. Nei primi anni Ottanta ancora zona di dubbia fama a pochi passi dal Cinema Mignon e oggi tra le vie più vive del centro con un negozio da parrucchiere, che ne ha preso il posto. Lo studio attuale è a San Giorgio, ma è lì, che il giovane artista formatosi a Bologna iniziò a lavorare alla sua arte. In quegli anni era assistente di Giorgio Lenzi al Liceo Artistico Statale di Bologna, dove aveva studiato alle scuole superiori quando l’istruzione era una cosa seria, avrebbe detto lui, e prima degli studi all‘Accademia di Belle Arti. Ebbe la cattedra qualche anno dopo, per poi passare il resto della carriera all‘Istituto Statale d’Arte, sempre a Bologna. L’insegnamento è stata la sua vocazione, ma il talento artistico più maturo ha iniziato a coltivarlo proprio nel cuore della Ferrara medievale.

Con me non fu insegnante, fu un esempio. Per me entrare in quello studio fu una grande avventura. Ero un bimbo quando per diversi anni tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta lavorava per Alberto Beretta, uno dei padri storici del Palio di Ferrara, grande mecenate di artisti ferraresi chiamati a lavorare per creare la bellezza dell’evento storico più importante della città. Per me era un mago, un artista morbido e disciplinato, che creava cavalli e cavalieri, draghi e grifoni, croci trilobe e diamanti. Nell’età della fantasia mi aiutò a sognare e a creare. Su carta, amianto, tela per me fu vivere in una fiera di tecniche ed esperimenti in cui mi intrattenevo, mi nutrivo e crescevo. Plasmava la vita, la magia e le dava una struttura. E in quegli anni da favola c’erano sempre buoni e cattivi. Un confronto tra il bene e il male, un equilibrio difficile da mantenere e spesso pronto a perdersi. La sua disciplina è stata prima di tutto questa magia, che mi comunicò, che per creare bisogna distruggere certo, ma bisogna soprattutto imparare, essere curiosi, fare dei sacrifici, che prima o poi le cose della vita bisogna saperle fare, e saperle fare da soli. Una libertà che restò sempre responsabilità. Essa sia un sistema non un capriccio. Questo mi comunicò. Oggi lo dimentichiamo troppo spesso.

Quella magia è passata e tanti anni di vita insieme ad essa. Si è fatta esperienza e tecnica. Il professore non ha avuto il dono di una vita lunga, ma il talento per una carriera artistica di prim’ordine. Per lui vive ancora. Dopo aver cresciuto quattro generazioni di aspiranti artisti e nutrito molti appassionati d’arte tra Bologna e Ferrara, dove per anni è stato cuore ed anima del Club Amici dell’Arte, si è impegnato a fondo nella promozione della cultura, ha partecipato a mostre, ma soprattutto si è dedicato a creare. Del mio rapporto creativo con lui mi resta l’orgoglio di essere stato d’ispirazione con testi e versi di molti dei suoi lavori più moderni, così come lui lo è sempre stato per me. Alcuni restano incisi direttamente sugli artefatti. L’esperienza più intensa di questi ultimi anni e che lo aveva rallegrato molto, è stata in Germania nel 2013. Un invito. L’ultimo viaggio del professore. Una collettiva curata dalla critica Silvia Arfelli alla Reuss Galerie di Berlino, in cui gli fu chiesto di creare un giardino artistico in cui rividi la sua magia. Cavalli, toreri, prigionieri, auto da corsa, scene di città, santi e profeti. Quell’esperienza è stata lunga, intensa e magica. Addirittura, senza mia madre, da cui raramente si separava. Fu orgoglioso di essere nelle città in cui il figlio aveva scelto di vivere, di partecipare a quella atmosfera multietnica e creativa che caratterizza la capitale tedesca. Era venuto per me. Abbiamo parlato, abbiamo vissuto insieme, l’ho aiutato nell’allestimento ancora una volta. Aveva la mia compagnia, la sua arte, la grande città da scoprire. Viveva così, da sempre. E mentre io lavoravo, lui nei momenti liberi si informava sulle attrattive berlinesi, affrontava la città, indossava il suo basco e con una macchina fotografica si incamminava e mi diceva: «A più tardi…».

Dario Deserri

NUOVO Ippogrifo – n.12 dicembre 2023 / Un Ponte sull’Europa

www.grupposcrittoriferraresi.it

Io sapevo.

„Desaparecido“ Terracotta Patinata – dettaglio di Gianni Deserri

Tutti i silenzi dicono qualcosa. Non tutti comunicano lo stesso messaggio. Io sapevo.

Un uomo imprigionato. Un uomo torturato. Un uomo imbavagliato.

Ho creato io questo quest’opera. Ho cercato. Ho forgiato. Ho compattato un uomo in un’arte consegnandolo all’eternità; questo fango, quest’argilla da cui siamo stati creati. E non siamo altro che terracotta, siamo fatti di cristallo, di ceramica.  Ma il nostro silenzio parla. Il nostro silenzio resta. Io sapevo. Io sapevo saresti rimasto attuale. Moderno.

Succede ancora e ancora. Da sempre esiste Caino.

Un uomo imprigionato. Un uomo torturato. Un uomo imbavagliato. Morto. Nel silenzio. Io l’ho visto. GD

Gli Anni e la Città.

Sono appunto “gli anni” e la “città” i protagonisti di questo libro: gli anni dell’intensa sequenza memoriale che apre la raccolta, gli anni delle occasioni private e gli anni come im-magine fedele di quel Tempo, non a caso con la “t” maiu-scola, che ci riguarda tutti e che ci scorre addosso come una forza cieca . . . Inutile dire che si respira in tanti versi di questo libro una forma di nostalgia per qualcosa che è anda-to irrimediabilmente, gli amori sono spesso amori rimpianti di cui rimane solo una dolcezza amara e sopravvivono im-magini sfuocate che brillano come “diamanti” dentro la me-moria.
La poesia di Deserri possiede una duttilità sorprendente: se da un lato la scrittura si distende e accoglie frammenti di una memoria privata, se da un lato predilige il verso lungo, l’affabulazione piana; dall’altro rivela la sua radice lirica, si cristallizza in immagini fortemente evocative.
(Dalla nota di Emanuele Spano)

Gli Anni e la Città – Puntoacapo Editrice 2018

48. Dario Deserri, Gli anni e la città, pp. 76, € 12,00 CATALOGO

Premio “Lord Byron Porto Venere Golfo dei poeti” 2018

RISULTATI – la Giuria così composta: –

Presidente Alessandro Quasimodo

Vice Presidente Marina Pratici
Rita Iacomino membro
Marzia Dati membro
Biancamaria Rizzardi membro
Lorenzo Masi membro
ha pubblicato la seguente graduatoria:

Poesia Edita:

Segnalazioni di merito
🎆“Come le nuvole sopra Berlino” Dario Deserri

#ClNsB  #DarioDeSerri #PuntoACapoEditrice #PremioLordByron #PortoVenere

Premio Letterario Internazionale Città di Sassari 2017 – FINALISTI

#DarioDeSerri #ComeLeNuvoleSopraBerlino #PuntoACapoEditrice

Finalisti Premio Letterario Internazionale Città di Sassari 2017

Writers@Berlin Dario Deserri al Literarisches Colloquium Berlin

Das Gartenfest –  15.07.2017 15h

Parataxe – Berlin’s international literature community – Tues, April 11 | 8pm – Main Stage |

PARATAXE – INTERNATIONAL LITERATURE

Parataxe – Berlin’s international literature community:

What languages does Berlin write in?

Notable Berlin writers who do not write in German are presented in conversation, reading and translation.

For the collaboration with English Theatre Berlin | International Performing Arts Center, the evening features Dario Deserri (Italy / Berlin) and his translator Anna Giannessi as well as Rasha Abbas (Syria / Berlin) and their German editor Nikola Richter, hosted by Martin Jankowski.

Reading

FERRARA Italia / Settimanale – Cultura. Eleonora Rossi intervista Dario Deserri.

Intervista a Dario Deserri.

FERRARA Italia: di Eleonora Rossi

Copyright Mimoza Veliu

 

A Berlino, “dove i sogni sono ricordi e i ricordi ritornano sempre sogni”.
Berlino, città letteraria, cinematografica, onirica: luogo sospeso tra realtà e immaginario.
Crocevia culturale, fonte d’ispirazione, ma anche capitale che cambia continuamente volto, come i suoi abitanti.
A Berlino c’è anche un po’ di Ferrara: Dario Deserri, operatore culturale e scrittore, da diversi anni vive là, in quella che considera la sua “seconda patria”.
Dario ha insegnato lingua italiana in alcuni istituti, ha collaborato come “kultural manager” per la galleria d’arte “Kunstleben Berlin” (www.deserri.net).
E la metropoli degli angeli è entrata perfino nel suo libro, “Come le nuvole sopra Berlino” (PuntoACapo, 2014).

Quando hai deciso di trasferirti a Berlino?
Ho iniziato a pensare di andare all’estero per un periodo nel 2007. All’epoca lavoravo da esterno al Museo Civico di Comacchio, dopo diversi anni in urbanistica a Ferrara. Sapevo di non avere alcuna speranza di entrare tramite concorso, né a Comacchio, né a Ferrara. Sono pochi anni in realtà, ed è incredibile, ma la mia era ancora l’Italia del precariato e dei Co.co.co, non quella della disoccupazione. Avevo alcuni amici tedeschi che mi consigliarono la loro capitale.

Che cosa ti ha spinto a fare questa scelta?
Io sono partito con l’idea di fare solo qualche anno all’estero in realtà, per imparare una nuova lingua. Magari fare un’esperienza in un museo di livello internazionale. Berlino e il mondo in cui viviamo oggi hanno fatto il resto. Non è più tempo di grandi movimenti. Le seggiole non sono sufficienti per tutti. Se ci si siede, è meglio restare seduti.
E comunque, se davvero l’Europa ritornasse quella delle nazioni, non è difficile che si debba ripensare di tornare ognuno a casa propria. Anche se per me, come per tanti, l’Europa è casa.

Che cosa hai trovato?
Berlino ti fa pensare di poter davvero essere te stesso senza mediazione e senza commedia. Non è completamente vero, naturalmente. Ma almeno ci prova e funziona. Non credo resterà una città di sognatori per molto. In otto anni è cambiata tantissimo. La Germania si sta radicalizzando almeno quanto il resto del mondo. I grandi investitori vogliono il lusso, e poco si può fare per fermarli.

Che cosa invece non ha corrisposto alle tue aspettative?
Sapevo essere un luogo difficile. Come tutti i luoghi creativi. Si è in continuo contatto con artisti, scrittori e idee. Tutti vi vogliono vivere, ma è la città con il tasso di disoccupazione più alto in Germania. Chi viene a cercare lavoro qui, è un pazzo. Io sono venuto per occuparmi di cultura. Altra pazzia, ma per motivi diversi. Se si sogna, questo è il posto. E si rischia. Se si cerca lavoro e famiglia decisamente no. Meglio Amburgo, Monaco, Stoccarda o Brema, i costi sono più alti, ma anche gli stipendi. Chi ha qualche ambizione artistica o lavora nella cultura, accetta di fare attività, che permettano di vivere e dedicarsi al contempo alla propria passione.

Quando hai incominciato a dedicarti alla scrittura?
Tardi. Lo sport, in particolare la pallavolo, sono stati la mia vita fino a trent’anni. Adesso a Ferrara si è tutto ridimensionato, ma io mi sono divertito da pazzi, proprio perché negli anni in cui ho giocato la 4Torri ha portato spettacolo e campionissimi. Poi si è lentamente chiuso un cerchio. Scrivo da sempre, ma pensando di farne la mia vita dal 2002.
Quando ho conosciuto Gianna Vancini e Roberto Pazzi.

Ti ha incoraggiato qualcuno o hai trovato una tua motivazione personale?
Nel 2002 mi sono sfidanzato, lo sport ha smesso di essere il centro del mio mondo e ho smesso di fumare. Non avevo più niente da fare…

Sei corrispondente di due riviste culturali di Roma e Parigi, “Tafter Journal” e “Cafebabel”. Di che cosa ti occupi precisamente?
Scrivo articoli di cultura. Non pubblico regolarmente. Ma mi permettono di avere gli accrediti e di entrare ovunque mi interessi a Berlino. Lo facevo anche a Ferrara. Io preferisco scrivere di letteratura. Ma ho scritto articoli di arte, teatro, politica, storia. Se qualcosa mi interessa, ne scrivo.

Nel 2011 hai vinto il prestigioso premio Laurentum di poesia nella categoria “Italiani nel mondo”. Che cosa hai provato?
Emozione. Non me lo aspettavo. Pensavo di non andare nemmeno, poi mi hanno invitato e a Roma non si può dire di no. Presentava Michele Mirabella, a cui bisogna riconoscere anche il fascino dello scrittore. È stato bello sentire le proprie parole interpretate da attori.

Che cosa rappresenta per te la scrittura?
È sempre stata un passatempo, che io stesso non sapevo perché esistesse. Da ragazzino leggevo poco, ero uno sportivo e non vedevo niente altro. Divoravo fumetti e qualche buon libro. Melville, Dumas, Ende. Però scrivevo, orribilmente. All’università, a Bologna, ho studiato la storia e l’archeologia, lì tutto il mio mondo è cambiato.
Ora è il mio modo di comprendere la vita, ciò che accade. Non scrivo per il presente. Per lo più scrivo per chi mi leggerà tra 200 anni. Convinto che qualcuno lo farà.

Come le Nuvole sopra Berlino – PuntoaCapo Editrice

Parliamo del tuo libro, “Come le nuvole sopra Berlino”. È un progetto che ti ha impegnato molto e si tratta di un libro particolare, innovativo. Puoi descrivercelo? Qual è la sua peculiarità?
Io l’ho chiamato “romanzo poetico”. Una studiosa dell’Università di Mannheim, la Prof. Steffi Neu, lo ha definito un “prosimetro moderno”. Per qualche motivo c’è grande resistenza, specie in Italia, a pensare libri in prosa e in versi. E se capisco i motivi dell’editoria, anche se non li approvo, non capisco invece gli scrittori. A me riesce di scrivere in entrambi i modi. Non vedo perché dovrei pormi il problema o dei limiti. Roberto Pazzi pensa ad esempio che siano mondi distanti e che quindi la lettura sia diversa, di conseguenza anche il lettore. Io la penso diversamente. La peculiarità di “Come le nuvole sopra Berlino” è che in un libro ne convivano tre: un romanzo epistolare, un romanzo di formazione e una raccolta di poesie. In realtà il “libro” non è nessuno di essi: è una novella con una parte di testo in versi. Il lettore in fondo non vuole che una storia che lo interessi e lo induca a riflettere, a immaginare.

Chi sono i protagonisti?
I protagonisti sono quattro amici, due coppie, che passano insieme una notte speciale, sfrenata ed erotica, in un loft berlinese. Albertine racconta ed è il cuore della narrazione, ma la vita cambierà profondamente per tutti e quattro. È il 21 di marzo, il compleanno dell’amica Serena. La loro amicizia ha un conflitto irrisolto, che i due compagni Fridolin della prima, ma soprattutto Plato, partner della seconda, aiuteranno a risolvere. La notte inizia quando Plato invita Albertine a leggere i passi di un libretto con la copertina rossa…

I personaggi ti assomigliano?
È il racconto ad assomigliarmi, non i personaggi. Di autobiografico non c’è quasi nulla, quasi.

Quanto tempo hai impiegato a scriverlo?
Molti anni. Alcuni versi sono di gioventù. Oltretutto vivo per scrivere, ma di scrittura non vivo. Se vi dedicassi tutto il tempo avrei impiegato un tempo più breve. Sono stati anni duri.
Andare all’estero non è mai scelta facile e ho dovuto lavorare molto e imparare una lingua ostica come il tedesco. La prosa tuttavia è nata tutta tra il 2008 e il 2012. Trovare un editore serio, che scommettesse sul libro è poi stato difficile, vista l’“originalità”. Ho rifiutato e ricevuto rifiuti. Poi Mauro Ferrari di PuntoACapo ci ha creduto.

Ora stai scrivendo qualcosa di nuovo?
Scrivo sempre. Ho due raccolte di poesia particolari da terminare. Per la prima volta ho deciso di scrivere a tema in poesia. Di religione e di mitologia. Sono ancora indietro, ma ho già un buon numero di testi per una raccolta di racconti erotici, brevissimi. E molti capitoli di un nuovo romanzo…

Anche se sei un po’ distante, mantieni costantemente il contatto con la tua città, a partire da famiglia e amici. Ma fai il possibile per partecipare anche alla vita culturale, alle attività delle associazioni Gruppo Scrittori Ferraresi e Gruppo del Tasso, collabori con MLB Gallery.
Che cosa rappresenta per te Ferrara?

Non potrei mai lasciare Ferrara. Non credo sia facile per nessun ferrarese allontanarsene.
La città è un incantesimo. Chi ci è nato lo sa.
Chi non ci è nato può leggere Bassani. E capisce.

Torneresti a vivere a Ferrara?
Al momento non saprei dirlo. Intanto perché a Ferrara sono spessissimo. Berlino mi ha accolto qualche anno fa ed ancora ho tante cose da fare lì. Per non dire che sono tornato a studiare e mi sto qualificando per diventare redattore.

Hai un progetto o un sogno nel cassetto?
Non mi interessano né i soldi, né la bella vita o le belle macchine. Desidero lavorare facendo qualcosa che mi piaccia davvero e in cui stia il cuore. Il resto è solo corollario.
So che continuerò a scrivere, non solo in italiano.
Servono ponti e mediatori, che ci aiutino a eliminare i muri, che qualcuno pare voler ricostruire.
È urgentissimo.

PuntoACapo DAY 2016

puntoacapoPuntoACapo DAY 2016

Per il VII puntoacapo Day, quest’anno dedicato alla prosa e narrativa, esiste una pagina apposita sul sito, che vi invitiamo a visitare. Troverete qui anche gli eventi della

Biennale di Alessandria, che coinvolgono diversi autori – il sito:

PuntoACapo Editrice.

PROGRAMMA

Altre iniziative sono in preparazione.

OCT 13 2016 / BIBLIOTECA Ariostea di FERRARA 17.00 h: Progetto Editoriale JANE DOE – Il Battello Scalzo.

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PROGETTO EDITORIALE Jane Doe:

Il Battello Scalzo (libro di racconti per bambini e per ragazzi).

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